domenica 18 novembre 2007

Arrowsmith - Il fascino della divisa

Guerra. Ci coinvolge tutti, siamo noi uomini, animali o piante. Tutto ciò che tocca viene segnato, distrutto o trasformato in quanto di peggio ci possa essere.
La storia che Kurt Busiek e Carlos Pacheco ci narrano è una storia vecchia come la vita sulla Terra, ma non manca di spunti originali e di quel tocco di fantasy che la rende interessante. Siamo nel 1915, la Prima Guerra Mondiale è nel pieno del suo svolgimento nella vecchia Europa, ma non manca di far parlare di sé anche nel nuovo continente. È però una guerra diversa da quella di cui tutti abbiamo letto nei libri di storia. In questa guerra, al fianco degli uomini, combattono esseri magici, folletti, draghi, troll, nani, zombie, vampiri e altri ancora. E anche gli uomini fanno uso delle arti magiche, da una parte e dall’altra. Arti che nelle mani dei generali e dei soldati si trasformano in armi di distruzione, non molto diverse da quelle che le attuali tecnologie hanno messo (purtroppo) a nostra disposizione in tempi recenti.

L’animo delle persone però, sia che vivano nel nostro mondo o in uno permeato dalla magia, rimane sempre lo stesso. Sogni, desideri, illusioni, paure, sono tutti presenti allo stesso modo, sia che teniamo in mano un fucile che una balestra con dardi infuocati. È soprattutto la storia di questi sentimenti quella che ci viene raccontata dagli autori, attraverso il personaggio del giovane Fletcher Arrowsmith, un ragazzo di campagna, nato e cresciuto nel Connecticut, dove le giornate trascorrono tutte uguali, tra una battuta di pesca sul lago vicino casa e un carico di materiale da scaricare nell’officina del padre fabbro. A turbare questa monotonia e a risvegliare i sogni nella mente del ragazzo arriva un gruppo di soldati appartenente ai C.A.O., i Corpi Aerei d’Oltremare, un sorta di aviazione in cui non sono gli aerei a portare in cielo gli uomini, ma dei piccoli draghi magici. Per Fletcher è praticamente impossibile resistere al fascino della divisa di quelli che per lui sono eroi, volontari che vanno a combattere oltreoceano, in Gallia, contro le forze nemiche prussiane. E a nulla valgono le lamentele e i rimproveri del padre, diffidente verso la magia di cui questi soldati si servono e della guerra in genere. Dopo aver parlato con Rocky, il troll che lavora con il padre, scappato dalla sua terra devastata dalla guerra, e dopo avergli dato del codardo, il giovane Fletcher scappa di casa una notte, per andare ad arruolarsi, intenzionato a fare qualcosa che sente di dover fare, perché qualcuno deve farlo, perché è giusto combattere chi minaccia la libertà degli altri popoli, e perché deve essere bellissimo volare nei cieli. L’addestramento è duro, ma Fletcher mostra subito di avere talento e una naturale predisposizione per il volo, tanto da guadagnarsi la stima dei suoi istruttori, e le invidie di alcuni compagni di addestramento. A sostenerlo c’è però il suo migliore amico, Jonathan, che era scappato di casa anche lui quella notte, perché volevano cambiare il mondo insieme, e la sua ragazza, Grace, contagiata anche lei dalla voglia di aiutare gli altri. Purtroppo però il sostegno dell’amico è il primo a venire meno, e la sua morte il primo giorno di battaglia in Europa è il primo muro contro cui i suoi sogni vanno a sbattere. Con la ragazza lontana, anche lei volontaria come guidatrice di ambulanze al fronte, Fletcher sembra essere più morto che vivo, combatte nelle battaglie con grande determinazione, ma poi non festeggia le vittorie con i compagni, non esce dalla caserma, non gioca a carte, non fa nulla per allentare la tensione che lo opprime. Festeggiare gli sembra ingiusto nei confronti dell’amico morto, e si sente responsabile per averlo in qualche modo convinto a seguirlo in quello che voleva fare. Una chiacchierata sotto la pioggia con il suo comandante riesce a tirarlo fuori da questa apatia, e a risvegliare in lui il desiderio di vivere normalmente.
Su una cosa Fletcher non ha alcun dubbio: quello che stanno facendo è giusto, lui e i suoi compagni sono dalla parte del bene, e a dimostrarlo sono le azioni tremende che i nemici attuano. Massacrano civili con magie oscure, stringono patti con i demoni per accrescere il loro potere, sguinzagliano ogni genere di creatura contro di loro, profanano i morti facendone dei soldati che anche se deboli sono molti e pericolosi. Si ripete quindi l’eterno dilemma del Bene e del Male. Il Male può utilizzare qualunque mezzo per perseguire i suoi scopi, mentre il Bene è vincolato da principi morali, dal rispetto per gli altri individui, anche se sono nemici, e anche se non mostrano gli stessi scrupoli.

Uno a uno, Fletcher vede cadere tutti i suoi compagni, gli amici, il bullo grande e grosso che lo tormentava durante l’addestramento, i comandanti. Nessuno sfugge alla distruzione della guerra, e il ragazzo sa che prima o poi potrebbe capitare a lui. Man mano che la guerra continua, si assottigliano sempre di più le sue certezze, i suoi punti fermi si allontanano. Solo la stima e il rispetto del suo comandante lo sostengono. Fino a quando il suo gruppo non deve partire per una missione segreta. Hanno una nuova arma, messa a punto dai maghi ricercatori che perfezionano sempre più le tecnologie per la guerra, e devono distruggere la fabbrica di armi dei nemici, in una città vicina. Ma ovviamente nessuno sa che cosa sia la nuova arma che gli è stata data. Quando sganciano i primi contenitori rimangono sgomenti: delle creature spaventose, non molto diverse da quelle utilizzate dai nemici, distruggono in pochi minuti l’intera città, straziando tutta la popolazione, le donne, i bambini. Nessuno si salva, e anche il ragazzo è in pericolo, e viene salvato dal comandante. Solo loro due faranno ritorno. Nel campo in cui viene curato ritrova Grace e Rocky, che si è deciso a combattere anche lui in memoria della sua famiglia distrutta dalla guerra tempo prima. Fletcher a questo punto è totalmente distrutto. Distrutto dal senso di colpa per aver spinto tante persone a far parte di quell’orrore, Grace, nei campi a guidare le ambulanze e a raccogliere corpi smembrati, Rocky, giudicato da lui un codardo perché non aveva reagito alla morte dei suoi familiari, Jonathan, che lo aveva seguito per condividere insieme un sogno, un sogno che si era trasformato in un incubo ad occhi aperti, e dal quale non è possibile svegliarsi. E distrutto dal vedersi crollare davanti agli occhi tutte le sue certezze. Era convinto che la sua fosse la parte giusta, che anche se i loro maghi avessero avuto a disposizione le magie oscure dei nemici non le avrebbero mai usate, che nessun innocente avrebbe mai perso la vita per mano sua. E invece tutto questo è accaduto, e Fletcher si rende conto che in una guerra non c’è mai una parte giusta, che non c’è un buono e un cattivo, che non ci sono colpevoli e innocenti, che tutti loro cono colpevoli. Le azioni eroiche non possono cancellare le atrocità di cui tutti loro si sono macchiati combattendo. E per quanto credano di combattere per la libertà, non ci può essere libertà se la gente muore.

Troppi morti da entrambe le parti, morti per ciò in cui credevano. Morti facendo cose che mai avrebbero creduto possibili, prima. E quelli che pensiamo comandino, non comandano davvero. È la guerra che comanda. Noi combattiamo, e gli innocenti muoiono. Ma se smettiamo, muoiono altri innocenti. E la cosa peggiore è che anche i Prussiano direbbero la stessa cosa. Anche loro fanno quello che devono. Resistono. Rispondono agli attacchi. L’unica cosa che possiamo fare è tirare avanti. Cercare di contenere l’incendio finché non si spegne. Sperando che rimanga qualcosa, dopo.

Tecnicamente il lavoro è molto ben fatto, e i disegni pastosi e lineari di Pacheco si armonizzano molto bene con la trama scorrevole e di facile lettura di Busiek. L’essenzialità e l’impatto sono le caratteristiche di quest’opera, volontariamente ricercati per dare più risalto al significato profondo del grande tema che ci sta dietro. L’unica cosa che forse si può trovare come difetto è quella di aver lasciato poco spazio all’approfondimento dell’elemento fantasy, che risulta solo un abbellimento piuttosto che un vero contenuto. Personalmente non mi sarebbe dispiaciuto vedere il punto di vista di una delle creature utilizzate come armi nella guerra. In fondo, anche se Rochy, l’amico di Fletcher, è un troll di roccia, il suo personaggio di fatto è un comune essere umano, e rappresenta solamente il concetto del profugo di guerra costretto ad abbandonare la sua terra. E anche i maghi, pur avendo un ruolo fondamentale nelle vicende, non vengono caratterizzati più dell’essenziale, e sembrano ricordare le figure dei vecchi generali seduti ai tavoli che ragionano con il cinismo e la freddezza che deve avere chi prende decisioni che coinvolgeranno le vite di molti esseri umani, da una parte e dall’altra.La storia che ci narrano Busiek e Pacheco potrebbe sembrare banale e già raccontata, e forse in alcune parti lo è, ma sono convinto che, oggi più che in altri tempi, non basta mai ripetere quali orrori porti la guerra. Fortunatamente molti di noi non vi sono mai stati coinvolti direttamente, ma basta parlare con i nostri nonni, e guardarli negli occhi mentre ci raccontano le loro storie, per vedere come quegli orrori sono ancora impressi dentro di loro, e come niente potrà mai cancellarli. Alla frase “Sto cercando un grande guerriero”, il maestro Yoda ribatté “Grande guerrirero? Guerra non fa nessuno grande”. Niente di più vero, oggi come tanto tempo fa, in un mondo fantastico così come in uno reale come il nostro. Che poi, chi l’ha detto che quello reale è il nostro? Magari da qualche parte c’è davvero un soldato che vola con il suo draghetto sulla spalla, e un autore di fumetti sta scrivendo una storia che parla di un soldato con una strana arma di ferro che spara piccoli oggetti metallici. Di una cosa possiamo essere sicuri: sia il soldato che vola nel cieli che quello con il fucile in mano si porteranno dentro le stesse angosce, le stesse paure, e lo stesso destino: imprimere agli altri lo stesso marchio d’odio che portano. Il giorno in cui saremo in grado di cambiare questo destino, il mondo sarà un posto migliore. E forse l’opera di alcuni artisti ci può guidare in questo senso.

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