sabato 17 novembre 2007

Presentazione

Sì, lo ammetto, il titolo non è una mia invenzione. Forse non si può pensare a un inizio peggiore di una scopiazzatura, qualunque sia la cosa che ci si appresta a presentare. Tuttavia non mi pento di questa scelta, e spero nelle prossime righe di riuscire a spiegare il perché.

Prima di ogni cosa, quando si parla a qualcuno sarebbe educato presentarsi, e ho già tardato un po’ nel farlo, ma ho preferito un incipit un po’ più d’effetto. Ritengo che quando si scrive la prima cosa da fare sia catturare l’attenzione, coinvolgere chi sta dall’altro lato della pagina, o dello schermo, in quelli che sono i propri pensieri nel momento in cui vengono fissati sul supporto che li conserverà. Ed è probabile che dopo questa prime centotrenta parole io abbia già fallito in questo intento, comunque…
Salve a tutti, benvenuti, e qualunque sia stata la strada che vi ha condotto qui, vi ringrazio per esservi soffermati a leggere queste parole. Per i miei dati personali, rimando al profilo qui accanto, perché mi preme parlare di quello che leggerete su queste pagine se avrete la sfortuna di capitarci ancora.

“Cose preziose” è il titolo di un libro, o meglio, la traduzione italiana dell’originale “Needful things” di Stephen King. Non parlerò qui di questo libro, spero di farlo in seguito, ma ne ho usato il titolo perché quando lo lessi mi piacque molto, ne rimasi affascinato, colpito e un po’ inquietato, e nelle stramberie della mia mente ho sempre desiderato avere qualcosa di mio che si chiamasse così (in realtà avevo pensato che, una volta raggiunta l’età della pensione, avrei aperto una piccola libreria di paese, e l’avrei chiamata “Cose preziose”, ma ho optato per un più ‘realistico’, e più rapidamente realizzabile, blog).

Cose preziose parlerà di quelle cose che io ritengo essere ‘preziose’. Non sto soltanto esibendomi in futili giochi di parole, ma vorrei sottolineare un concetto: viviamo in un mondo pieno di spazzatura, che ci viene riversata addosso da un curioso elettrodomestico chiamato televisione. Già nel nome si manifesta uno dei più grandi orrori del nostro mondo: la perdita della cultura, parlata e scritta. Quella scatola che negli ultimi decenni ha invaso le nostre case, infatti, dovrebbe chiamarsi “televisore”, non “televisione”. Quest’ultima, più esattamente, è la trasmissione che l’oggetto si limita a fornirci. Basta solo questo esempio per dimostrare come tutti noi, me compreso, stiamo scivolando lungo una pericolosa china che è quella della perdita della cultura. Storpiamo parole di uso comune, utilizziamo frasi sgrammaticate, e ci irritiamo quando qualcuno ci corregge, cavalcando l’onda dei programmi contenitore e dei varietà, in cui tutto si mostra, tranne che cultura, in cui la parola magica per raggiungere il successo è “cioè”, che si sente ripetere come un intercalare martellante, quasi che debba per forza scandire la sequenza di parole di una frase per darne il ritmo, per conferirle significato: “Cioè perché io veramente vorrei che tu cioè facessi quello che mi aspetto, cioè hai capito quello che voglio dire?”. Eccovi un esempio di quello che sento uscire da quegli altoparlanti in un normale primo pomeriggio della mia vita, quando sono appena rientrato a casa dal lavoro (farei meglio a dire università, ma chi mi conosce sa cosa voglio dire, gli altri forse lo capiranno presto).
Perché tutto questo preambolo? Perché vorrei riportare l’attenzione su quegli oggetti preziosi che sempre meno vedo nelle case delle persone che frequento, o in mano alla gente sui treni su cui viaggio: i libri. Ecco le cose preziose di cui vorrei parlare: condividere con voi le sensazioni, le emozioni che provo quando leggo un libro, quello che mi lascia quando lo finisco e lo ripongo al suo posto, nella libreria, quello che dico a qualcuno quando consiglio di leggerlo. Il contatto della carta sui polpastrelli, il profumo della colla da rilegatura che si può scoprire solo infilando il naso tra le pagine di un libro nuovo, e quello del tempo che trascorre tra le pagine di un libro vecchio, il gusto di alcune parole che si imprime sulle labbra quando, dopo aver letto una frase, la si rilegge sottovoce, mormorandola, per assaporarla davvero appieno.

Ma non sarà solo questo. Altre cose preziose mi circondano: i fumetti. Un buon cinquanta percento di quello che troverete qui riguarderà la nona arte, che condivide dei libri tutto quello di cui ho appena parlato, e vi aggiunge le sensazioni visive suscitate, evocate, scolpite sulla retina dalle immagini.
Qualche intrusione a me molto gradita la faranno film, spettacoli, musica, eventi culturali, ai quali parteciperò o avrò partecipato in passato e che vorrò condividere con voi. Infine, qualche essere diabolico, o un arcano sortilegio, potrebbe convincermi a fare una cosa che non ho mai fatto prima: pubblicare (nel senso di far leggere a qualcuno che non sia io stesso) quell’ammasso di parole che ho scritto negli ultimi anni, e che si manifesta in qualche romanzo, qualche racconto, qualche poesia e qualche altra cosa. A questo proposito, urge una precisazione.

Norman Mailer, grande romanziere americano scomparso sette giorni fa alla veneranda età di ottantaquattro anni, in una intervista di qualche anno fa, alla domanda “Lei come si giudica tra gli scrittori americani?”, rispose: “Se mi considero il migliore, oppure no? Non so cosa rispondere. In fondo non mi interessa molto saperlo, poiché non è importante pensare di esserlo. Ci saranno venti scrittori nel nostro paese, ognuno convinto di essere il migliore tra quelli viventi. Io sono uno di quei venti. D’altra parte non sono amico di nessuno di loro perché sono dei bastardi…”. Cinismo e misantropia a parte, una cosa condivido di queste parole: ben pochi di quelli che scrivono possono fregiarsi del titolo di scrittori, e certamente nessuno di quelli che hanno scritto uno o due libri che hanno venduto subito migliaia di copie (ogni riferimento a Federico Moccia è puramente casuale). Un romanzo è come un matrimonio: sai che vale veramente quando festeggi i cinquant’anni, non prima. Se un libro viene letto ancora cinquant’anni dopo che è stato scritto, forse è un buon libro. Tutto quello che viene prima sono solo opinioni. Perciò, non essendo un vanaglorioso, non mi sentirete mai riferirmi a me stesso con il titolo di scrittore. Così come quando qualcuno mi vedeva tempo fa con la chitarra in mano, e mi chiedeva se suonavo, io rispondevo “Non suono, la uso”, allo stesso modo posso dire che non sono uno scrittore, sono uno che scrive. Fino ad ora mi sono sempre rifiutato di condividere con chiunque quello che ho scritto, ma chissà che in un futuro prossimo non troviate in questa sede qualcosa che porta la mia firma e che non sia solo una recensione o un commento a cose scritte da altri.
Bene, a questo punto credo di aver dato uno sfogo materiale sufficiente alla mia logorrea mentale, quindi non mi resta che salutare tutti quelli che non hanno chiuso la pagina prima di arrivare qui e hanno continuato a leggere, dandovi appuntamento al più presto, quando comincerò a inserire su questo mio neonato blog dei post che parlino di qualcosa di più concreto, invece che continuare a sproloquiare. E per chi volesse interagire in qualche modo, spazio aperto a critiche, commenti, insulti, parolacce e quant’altro vogliate inviarmi.

3 commenti:

Perdido ha detto...

Benvenuto su Blogger. Ottimo esordio, davvero. ;)

snoopy ha detto...

Sono molto curioso di leggere ciò che proporrai...Come te ho la passione per il mondo cartaceo e credo che lo scambio delle opinioni ne sia alla base...Ricambio il Benvenuto!!! :)

Valentina Ariete ha detto...

Che bella la tua presentazione....

^^