lunedì 10 dicembre 2007

Chiron

Non è la prima volta che mi capita di scrivere sull’opera di qualcuno che conosco personalmente, e devo dire che è una sensazione particolare. Scrivere di qualcuno che spesso non sai neanche che faccia abbia ti concede un certo grado di rilassatezza, soprattutto se si tratta di qualcuno che è ragionevole pensare non leggerà mai quello che scrivi. Ma scrivere di un autore che conosco personalmente, con cui ho parlato spesso degli argomenti più vari, e soprattutto che so leggerà quello che scrivo, mi mette di fronte all’imperativo di non deludere le aspettative.

Filippo Messina è un amico. Non uno di quelli con cui hai fatto il liceo insieme, con il quale uscivi in motorino a cercare ragazze o che ti ha tenuto la fronte la prima volta che ti sei ubriacato. Lo conosco da poco, diciamo da circa cinque anni, cioè da quando frequento assiduamente il posto dove lavora (che è anche, ma non solo, la mia fumetteria di fiducia). Ma lo conosco da un tempo sufficiente per sapere che è una di quelle persone che valgono. È, come si dice, una bella testa, uno che apprezza il valore della cultura, che ha la mente aperta, e uno con cui si può parlare. Di più, con cui è piacevole parlare. Ricordo i pomeriggi passati a scambiarci opinioni sul mondo dei fumetti, del cinema, dell’editoria, della letteratura. E sapere che tiene alla mia opinione sul suo primo lavoro mi lusinga. Quando mi ha chiesto di scrivere di Chiron mi ha detto: “Se non sapessi che scrivi bene, non te l’avrei chiesto”. Quindi non posso assolutamente fallire. Ho in mente molte cose, di quest’opera, di cui voglio parlare, e spero di riuscire a farlo nel modo migliore. Detto questo…

Il Chiron Center nasce come un ospedale per la cura degli individui metaumani e dei cittadini comuni coinvolti nei loro scontri. Ma se i medici e tutto il personale che vi lavora, almeno in apparenza, sono animati dalle migliori intenzioni, non è sempre questo il messaggio che passa agli occhi delle persone comuni. In effetti, più di un mistero si nasconde nel dedalo di corridoi affollati del Chiron, tra specializzandi alle prime armi e infermiere provocanti. E tra un superessere impazzito e una riunione segreta, personaggi sempre più interessanti e complessi fanno la loro comparsa, intrecciando sottotrame fitte e intricate. Fino a che non si scopre dove sia il grande assente di tutta la storia, nominato da tutti e da nessuno trovato, perché in realtà il dottor Asgard è…

Mi dispiace, ho già detto troppo sulla storia, chi volesse saperlo vada a comprare l’albo. Il mio giudizio sul suo lavoro Filippo lo conosce già, perché gliene ho parlato appena l’ho letto, ma mi fa piacere riparlarne qui, anche per condividerlo con quanti leggono queste pagine. Non c’è molto da dire, in effetti: Filippo sa scrivere. E sa anche disegnare (contrariamente a quanto lui stesso pensi). Lo dimostra appieno con un prodotto che, anche se a molti sembra più facile, non lo è per niente. In una prosa, in un romanzo, devi preoccuparti solo delle parole, mentre in un fumetto bisogna armonizzare le parole scritte e quelle disegnate, e non è facile. Con un occhio che guarda alle grandi testate americane, e un altro che si rivolge (per sua stessa ammissione) al fumetto ‘stile underground’, Filippo ci guida in un caleidoscopio di citazioni, distorte e parodiate in chiave comica, di quel mondo di supereroi classici che in qualche modo un po’ tutti conosciamo, chi più chi meno. E forse (ma badate bene, questa è solo una mia elucubrazione), dietro quei piccoli particolari, quei dettagli, che solo un occhio attento riesce a cogliere, si nasconde una vena di affetto e nostalgia per un mondo amato da ragazzino, seguito in tutte le sue forme per molti anni, e purtroppo solo negli ultimi tempi messo un po’ da parte, per le continue delusioni che propone ogni mese. Nel complesso, visto lo schifo che si vende a fior di euro sugli scaffali delle fumetterie, quello di Filippo Messina è un lavoro degno di essere acquistato e letto con passione e interesse. Sperando che il seguito non si faccia attendere troppo.

Chiron numero 1 “Mali estremi” è in vendita presso la fumetteria “Altroquando”, in via Vittorio Emanuele 143, a Palermo.

Per quanti volevano solo farsi un’opinione sull’opera, può bastare tutto quello che ho detto fino a qui, ma sul mio blog mi piace divagare, tanto chi sta dall’altra parte dello schermo è padronissimo di chiudere la pagina con un click, non appena si annoia, per cui spazio alle riflessioni (personali e non confermate, ci tengo a dirlo). Sono molti gli spunti, che l’autore ci offre, su cui riflette, alcuni di certo già presenti in altre produzioni del vasto mondo dei fumetti, altre più innovative. Ma mi vorrei soffermare su tre in particolare. Il primo è il giornalismo d’assalto, impersonato dall’eccentrica Meg Sucameli, arrivista, cinica e senza il minimo scrupolo, disposta a tutto per alzare i suoi indici d’ascolto. Lei sostiene che l’informazione deve avere la precedenza su ogni tipo di segreto, anche quando questo significa esporre degli individui a rischi anche mortali. E su questo argomento c’è un magnifico scontro verbale con al dottoressa Okde, che invece la accusa di condurre una trasmissione che specula sui dolori e le sofferenze della gente, causando solo danni, a volte irreparabili. Difficile schierarsi su questo punto, visto che entrambe le opinioni possono essere appoggiate o criticate. E non mancano certo i riferimenti al mondo reale: traffici loschi lasciati nell’ombra da un’informazione venduta da un lato, sciacallaggio e scempio della sofferenza dall’altro. Se ne può parlare.

Un altro punto fondamentale, ripreso forse da fumetti supereroistici di più vecchia data, è quello dell’odio e del disprezzo sociale, con conseguente proposta di restrizione legislativa delle attività supereroistiche e di quelle a queste ultime collegate (per fortuna che a scrivere non è Mark Millar, altrimenti una maxisaga su questo argomento non ce la toglieva nessuno!). In questo caso, bersaglio di questi sentimenti sono proprio i medici del Chiron Center, che curano allo stesso modo supereroi e supercriminali. E questo mi porta al terzo aspetto, che tengo particolarmente a sottolineare, perché è anche il mio campo, ossia la medicina. Devo intanto fare i complimenti all’amico Filippo, che sicuramente deve essersi documentato, perché quando si parla di qualcosa di specifico come nozioni mediche, è facile commettere errori, e lui non ne ha commessi. Vorrei parlare di un aspetto della medicina che, forse, nelle intenzioni dell’autore, era del tutto marginale, ma che ritengo importante. Uno dei motivi per cui i medici del Chiron si attirano l’odio della gente è che, dopo aver curato un criminale, questo si è reso responsabile di una strage in cui hanno perso la vita persone innocenti. Superpoteri a parte, è una situazione del tutto compatibile con la nostra realtà. Io so cosa vuol dire curare un criminale, e vi assicuro che leggere sul frontespizio di una cartella clinica, alla voce ‘impiego’, le parole ‘ex detenuto’ non è per nulla facile. Perché ti fa sorgere una serie di dubbi che sei costretto a scacciare rapidamente, se non vuoi diventare responsabile di errori gravissimi. Nel momento in cui varcano la porta dell’ospedale, non importa che siano ladri, assassini, stupratori, pedofili, spacciatori, tutti smettono di essere quello che sono e diventano soltanto pazienti. Se non si riesce a fare questa distinzione tra dentro e fuori, è meglio prendere una settimana di ferie, e sperare che la volta successiva vada meglio. Perché ognuno di noi può avere tutte le opinioni che vuole, ma nessuno può esprimere giudizi, perché nessuno ne è all’altezza.

“Molti di quelli che vivono meritano la morte e molti di quelli che muoiono la vita. Tu sei in grado di valutare, Frodo? Non essere troppo ansioso di elargire morte e giudizi. Anche i più saggi non conoscono tutti gli esiti. Il mio cuore mi dice che Gollum ha ancora una parte da recitare, nel bene o nel male, prima che la storia finisca”

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