lunedì 10 marzo 2008

Nel nome del porco

È un giallo. C’è il cadavere, c’è l’assassino, c’è il poliziotto, e tutto finisce come al solito, giusto? Sbagliato. Non c’è niente di tutto questo nel romanzo di Pablo Tusset, o meglio, questi elementi ci sono, ma non sono che un contorno al vero dramma che va in scena nella Spagna contemporanea, ma che estende le sue propaggini fino a New York.

Lungi da me il voler sembrare offensivo, ma sul titolo mi devo soffermare, perché è quello che mi ha colpito e mi ha spinto a comprare il libro. È chiaro a tutti che il riferimento è alla formula rituale che è il principale invito alla preghiera della religione cattolica: ‘Nel nome del padre’ qui diventa ‘Nel nome del porco’, ma non c’è il minimo intento blasfemo in questo. La frase è semplicemente quella che l’assassino lascia in un biglietto sul cadavere della vittima, e non c’è poi tutto questo mistero su chi sia il colpevole di quel delitto raccapricciante, visto che fin dal principio le indagini e l’intuito del commissario portano nella direzione giusta. Tutto sommato, c’è ben poco del classico poliziesco in questa storia. Il miglior parallelismo è invece, per quel poco che posso sapere, con un grande romanzo più legato al filone horror che al giallo, ma che a sua volta è atipico come horror. Sto parlando de “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” di Robert Luis Stevenson. Nel romanzo di Tusset, il dottor Jekyll è Tomas, o meglio T, come viene chiamato in alcuni capitoli. Ma T è anche P, ossia Pedro, l’identità che assumerà per infiltrarsi nel paesino di San Juan de Horlà, dove è avvenuto l’omicidio, per svolgere indagini in incognito. Si costruisce così una meravigliosa galleria di personaggi, a volte delicati come la Suzanne di New York (chiamata non a caso ‘il paradiso’ nei vari capitoli), a volte grotteschi e violenti come gli abitanti di San Juan (che diventa ‘l’inferno’). E in questa galleria si muove T/P, costantemente in bilico tra questi due lati del suo essere, ognuno pronto a dare il meglio di sé, nel bene e nel male, fino ad un finale sconvolgente, che riprende un po’ quello del romanzo di Stevenson, solo che stavolta la soluzione del dottr Jekyll alla follia di Hyde potrebbe non essere risolutiva, soprattutto perché un grosso dubbio rimane, al personaggio come al lettore: chi, tra T e P, è Jekyll, e chi Hyde?

Tra il paradiso e l’inferno c’è ‘la Terra’, vale a dire lo spazio in cui vivono il commissario capo Pujol, mentore e sorta di padre adottivo per T, e sua moglie Mercedes, anche loro investiti da una tragedia. Una tragedia come ne succedono ogni giorno a chissà quanti di noi, e di cui nessuno sa mai niente, perché un cadavere di donna squartato in un macello fa notizia, un incidente stradale in cui muore un uomo che lascia una donna con tutte le sue speranze di una nuova vita ridotte in frantumi non interessa a nessuno. Forse è proprio questa la vicenda più tragica e commovente di tutto il romanzo, non l’omicidio, non la violenza, l’odio o il cinismo di luoghi come il paradiso o l’inferno, ma la costante, quotidiana indifferenza che va in scena in tutto quello che tra questi due luoghi sta in mezzo.

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