mercoledì 28 maggio 2008

In memoria 38 - Niccolò III

Ed ei gridò: “Se’ tu già costì ritto,
se’ tu già costì ritto, Bonifazio?
Di parecchi anni mi mentì lo scritto.
Se’ tu sì tosto di quell’aver sazio
per lo qual non temesti torre a inganno
la bella donna, e poi di farne strazio?”
Tal mi fec’io, quai sono color che stanno,
per non intender ciò ch’è lor risposto,
quasi scornati, e risponder non sanno.
Allor Virgilio disse: “Digli tosto:
‘Non son colui, non son colui che credi’.”
E io risposi come a me fu imposto.
Per che lo spirito tutti storse i piedi;
poi sospirando e con voce di pianto,
mi disse: “Dunque che a me richiedi?
Se di saper ch’io sia ti cal cotanto,
che tu abbi però la ripa corsa,
sappi ch’io fui vestito del gran manto;
e veramente fui figluol dell’orsa,
cupido sì per avanzar gli orsatti,
che in su l’aver, e qui me misi in borsa.
Di sotto al capo mio son gli altri tratti,
che precedetter me simoneggiando,
per le fessure della pietra piatti.
Laggiù cascherò io altresì, quando
verrà colui ch’io credea che tu fossi,
allor ch’io feci il subito dimando.
Ma più è il tempo già che i piè mi cossi,
e ch’io son stato così sottosopra,
ch’ei non starà piantato coi piè rossi;
chè dopo lui verrà di più laid’opra
di ver ponente un pastor senza legge
tal che convien che lui e me ricopra.
Nuovo Giason sarà, di cui si legge
ne’ ‘Maccabei’; e come a quel fu molle
suo re, così fia colui che Francia regge.”

Inferno, canto XIX versi 52-87

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