lunedì 4 agosto 2008

Il petalo cremisi e il bianco

Avevo letto una recensione sulla pagina dedicata ai libri di un quotidiano. Mi sembrava interessante. E anche vedere scritto quel ‘ pp. 985’ non mi aveva intimorito più di tanto, sono avvezzo a leggere mattoni del calibro di “Anna Karenina” o “Radici”. Era il periodo di natale, e immancabilmente arrivò la domanda di mia zia: “Che cosa ti regalo, quest’anno?”. Non aveva in mente nient’altro, così le chiesi questo libro. Per molti è un regalo banale, il libro, la classica cosa che regalano tutti quando non sanno cosa fare, e in fondo non fai altro che leggerlo e riporlo in uno scaffale. Per me non è così. È forse la cosa che più mi piace ricevere in regalo.

Michael Faber è quello che potrei definire un professionista della scrittura. Non ha scritto un romanzo in preda ad un raptus di creatività, una di quelle storie che ti schizzano fuori dal cervello e le butti giù in un paio di settimane. No, lui ci ha messo un tantino di più, per scrivere queste mille pagine di romanzo storico. Più o meno, venti anni di ricerca e dieci anni di scrittura. Ma un romanzo non è una porta, o una tenda o un muro. Un romanzo è un’opera d’arte. Il tempo che ci si impiega a realizzarlo non è mai troppo lungo. Né mai troppo breve. Dura esattamente quanto deve durare. Un romanzo non è qualcosa che viene scritto, è qualcosa che scrive te stesso mentre lo scrivi, così come è il David che ha scolpito Michelangelo o il sole che ha dipinto Monet, non il contrario. È questo il segreto (secondo me, almeno) per scrivere un grande romanzo: essere scritti da lui. Perciò potremmo dire che è Sugar che ha scritto Michael Faber. Non credo ci sia niente di più intrigante che essere scritti da una prostituta.

Sugar lavora nel bordello di un quartieraccio londinese, in una Londra nebbiosa dell’età vittoriana. Sugar lavora in mezzo al fango del mondo, ma proprio per questo troverà il modo di tirarsene fuori. Dai vicoli luridi e malfamati, Sugar ci porta nei viali alberati dell’alta società inglese, dove un ricco industriale, che l’ha conosciuta come cliente, la fa diventare la sua amante personale, fino ad inserirla nel contesto della sua stessa famiglia, come istitutrice della figlia. Imprigionato in una vita borghese con una moglie malata e frigida, l’unico sollievo del ricco signore è trovarsi tra le braccia di Sugar, in un miscuglio di amore e sesso che nessuno, nemmeno lui, riesce bene a delineare. E intanto, Sugar risale la scala della società, non senza provare anche lei qualcosa di molto simile all’amore per il suo salvatore, ma sempre consapevole dei suoi obiettivi. E alla fine del romanzo, chi può dire quanti di questi abbia realizzato? Forse poteva finire in modo diverso? No, non credo. Sugar ha scritto così la sua storia, non c’era niente di più e niente di meno da dire. Se qualcuno ha voglia di essere scritto dalla sua mano, non ha altro da fare che aprire il libro, e immergersi in quel mondo.

Attento. Tieni la testa a posto: ti servirà. La città in cui ti conduco è vasta e intricata, e tu non ci sei mai stato prima. Puoi immaginare, da altre storie che hai letto, di conoscerla bene, ma quelle storie ti hanno illuso, accogliendoti come un amico, trattandoti come se fossi uno del posto. La verità è che tu sei un alieno, in tutto e per tutto, arrivato da un altro tempo e da un altro luogo. [...] I personaggi principali di questa storia, di cui vorresti diventare intimo amico, non sono qui. Non ti stanno aspettando: tu non significhi niente per loro. Se pensi che abbiano intenzione di lasciare i loro letti caldi per venirti a conoscere, ti sbagli. [...] Quello che ti manca sono i contatti giusti, per questo siamo venuti qui, per i contatti. Una persona che non conta nulla ti presenterà a una persona che non conta quasi nulla, e quella persona a un’altra, e così via fino a quando potrai finalmente varcare la soglia, quasi come uno di famiglia.

Nessun commento: