domenica 7 settembre 2008

In memoria 64 - Gianni Schicchi

Ma né di Tebe furie, né Troiane
si vider mai in alcun tanto crude,
non punger bestie, non che membra umane,
quant’io vidi due ombre morte e nude,
che mordendo correvan di quel modo,
che il porco, quando del porcil si schiude.
L’una giunse a Capocchio, ed in sul nodo
del collo l’assannò sì che, tirando,
grattar gli fece il ventre a fondo sodo.
E l’Aretin, che rimase tremando,
mi disse: “Quel folletto è Gianni Schicchi,
e va rabbioso altrui così conciando.”
[...]
“Questa a peccar con esso così venne,
falsificando sé in altrui forma,
come l’altro, che la sen va, sostenne,
per guadagnar la donna della torma,
falsificare in sé Buoso Donati,
testando e dando al testamento norma.”

Inferno, canto XXX versi 22-33 e 40-45

Nessun commento: