venerdì 28 novembre 2008

Il fascino del male - Scarface

Anche questa volta, come con Clayface, non uno solo ma due sono i protagonisti di queste storie, sebbene in questo caso il filo che li unisce sia più che una semplice omonimia e il potere dell’argilla. Scarface infatti non è altri che il pupazzo del Ventriloquo, al secolo Arnold Wesker. Facciamo un passo indietro.

Anche se non ho una cultura abbastanza vasta per supportare l’argomento con esempi validi, per quanto ne so le bambole sono sempre state un elemento tipico del mondo dell’horror. È curioso come oggetti creati per rallegrare, far giocare e divertire i bambini, siano stati spesso trasformati in manifestazioni malvagie. Bambole assassine, che sfuggono al controllo dei loro padroni per seguire una volontà propria, si associano nella mia mente ai classici racconti e film dell’orrore. E in effetti le bambole hanno un loro fascino ambiguo, anche se spogliate di qualunque elemento sovrannaturale. Il concetto della bambola in fondo è quello che qualcuno possa controllare l’esistenza di un altro essere antropomorfo. Alla propria bambola si può far dire e fare tutto quello che si vuole. I bambini le rendono personaggi delle loro storie e dei loro giochi, utilizzandole spesso come alter ego per sentirsi protagonisti di avventure che possono vivere solo nella loro immaginazione. Ricordo una frase di un episodio di una serie animata in cui si dice: “Se esistesse un dio, noi non saremmo forse le sue bambole?”. Potremmo dire che tutti noi, da bambini, non abbiamo fatto altro che giocare a fare dio con le nostre bambole. Ma le bambole erano sempre d’accordo?

Nel 1988, Alan Grant e John Wagner ricevono una chiamata da Danny O’Neil, il comandante in capo della DC Comics di quegli anni, che gli affida una storia di Batman. Nei due autori scatta allora quello che potremmo definire il problema del nemico, con il quale devono confrontarsi tutti quelli che si accingono a scrivere e disegnare una storia del cavaliere oscuro. Chi mettergli contro? Come dice lo stesso Grant, nessun altro personaggio dei fumetti ha nemici tanto ‘ingombranti’ come Batman (di molti ho parlato nei precedenti post). Da qui due problemi: ricorrere ad uno dei nemici classici, correndo il rischio di non essere all’altezza con i maestri che già ne avevano scritto le storie? O crearne uno nuovo? E in questo caso, come renderlo originale ma nello stesso tempo in sintonia con il mondo di Batman? Venne scelta questa seconda strada, e Grant e Wagner recuperano una vecchia idea dei tempi di “Judge Dreed”, Scarface appunto. Arnold Wesker è un perdente. Un ometto insignificante, senza nessuna qualità fisica e intellettuale, condannato all’ergastolo per aver ucciso un uomo in una rissa da bar, senza neanche aver avuto l’intensione di ucciderlo. Purtroppo (o per fortuna, dipende) per lui, finisce a Blackgate, in cella con un certo Donnegan, anche lui ergastolano. Qui la storia del Ventriloquo si tinge di sovrannaturale. Si dice che la forca di Blackgate sia stata impregnata dell’odio e del sangue di tutti i suoi condannati, fino a quando non fu distrutta da un fulmine. E indovinate da quale legno Donnegan ricava la marionetta da ventriloquo? Non è mai stato spiegato se veramente quel legno maledetto sia dotato di poteri malvagi, o se sia stato solo un caso, ma sta di fatto che i suoi possessori sviluppavano una sinistra sudditanza nei confronti della marionetta, che dopo un po’ sembrava parlare e agire di volontà propria. Scarface arriva ad ossessionare a tal punto la mente di Wesker da costringerlo a uccidere il suo proprietario per entrarne in possesso, anche se nessuno può dire se sia il Ventriloquo a possedere la bambola o viceversa. Di fatto però, un ometto insignificante e una bambola riescono ad avere un tale potere persuasivo e una tale assenza di scrupoli da arrivare a competere per il posto di signori del crimine di Gotham city, che come città non è certo facilmente impressionabile.

L’ipotesi di una malvagità sovrannaturale, o comunque della capacità, da parte della bambola di Scarface, di far emergere aspetti deviati della personalità di alcuni uomini, sembra essere confermata dalle attuali storie di Batman, in cui, morto Arnold Wesker, Scarface si impossessa di un nuovo padrone, la bellissima Peyton Riley, da cui si fa prestare la voce e attraverso la quale inizia a ricostruire il suo impero criminale.

Non ho parlato di Batman. Ma in effetti, in questo volume, il nostro eroe trova poco spazio. Al di là delle sue consuete doti di detective, e delle atmosfere tenebrose nelle quali si trova ad operare, in queste storie l’uomo pipistrello ricopre un ruolo che potremmo definire secondario, per lasciare la scena a Scarface e alla sua perversa ma allo stesso tempo pragmatica malvagità.

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