mercoledì 13 maggio 2009

Il manoscritto

Alcuni libri vanno presi per quello che sono. Significati, denunce, metafore, seconde letture, sono tutti elementi che contribuiscono a conferire valore ad un romanzo. A volte ci troviamo dentro argomenti su cui riflettere a fondo, altre volte abbiamo il piacere di condividerli con altri, altre ancora sentiamo una profonda necessità che quelle parole vengano lette da quante più persone è possibile perché il messaggio si diffonda. Ma altre volte, li leggiamo e basta. Alcuni libri hanno solo questo come scopo: quello di essere letti. Riempire i vuoti della nostra vita in un modo che sia diverso dalla televisione, dallo sport, dall’ozio. Non hanno pretese, non vogliono trasmettere chissà quali messaggi. Vogliono solo farci passare tempo. “Il manoscritto” è un romanzo di questo tipo. I più fantasiosi, quelli che a tutti i costi vogliono trovare qualcosa scritto tra le righe, potrebbero vederci dentro temi di denuncia contro la corruzione dei vertici del potere americano, o a sostegno della questione razziale dei neri. Si potrebbero tentare voli pindarici sui concetti di una giustizia al di fuori della legge, sull’uso a fin di bene di azioni violente, di ricatti, di omicidi. Ma secondo me sarebbero solo forzature. Credo che l’unico scopo di questo romanzo sia quello di farci trascorre un po’ di tempo a leggere.

Il direttore dell’FBI Hoover possiede degli archivi segreti le cui informazioni, usate senza scrupoli, possono costringere uomini potenti a rivedere o cambiare alcune loro decisioni. Ma Hoover muore in circostanze poco chiare, e gli archivi scompaiono. Subito dopo, inizia una serie di ricatti a persone di alto livello della società americana. Qualcuno vuole mettere le mani sugli archivi, una società segreta composta da membri di altissimo livello che è da decenni impegnata a sostenere la nazione nei suoi momenti di crisi, agendo nell’ombra. Ma come trovare il traditore che si è impossessato degli archivi? È così che entra in scena Peter Chancellor, uno scrittore di romanzi fantapolitici nei quali, partendo da presupposti verosimili, riscrive eventi storici alla luce di complotti segreti. Peter sarà l’esca, con il suo nuovo romanzo, nel quale dovrà far nascere il sospetto che Hoover sia stato ucciso per entrare in possesso dei suoi dossier, per far uscire allo scoperto il traditore. Inizia così il calvario del giovane scrittore segnato da un lutto che non riesce a lasciarsi alle spalle.

Robert Ludlum non dimentica nessuno degli elementi fondamentali del romanzo d’azione: intrighi, sparatorie, segreti inconfessabili, inseguimenti notturni, telefonate misteriose, e tutta una teoria di personaggi che nascondono segreti e ombre nel loro passato. Difficile capire dove finisce la verità e inizia la menzogna, quando il limite tra la fantasia del romanzo di Peter e gli avvenimenti della realtà si fa sempre più impalpabile. Colpi di scena si succedono uno dopo l’altro, tenendo il lettore incollato alle pagine. E pazienza se alla fine del romanzo non abbiamo scoperto il senso della vita, almeno abbiamo passato qualche ora a leggere spensieratamente.

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