giovedì 10 giugno 2010

Il collezionista di sogni

Storia curiosa, quella di questo romanzo a fumetti ad opera di Enrique Breccia, che avevo già avuto modo di apprezzare come disegnatore in “Lovecraft”. Qui, in veste anche di scrittore, propone i primi capitoli dell’opera a un editore spagnolo, che in seguito rescinde il contratto, motivo per cui Breccia lo ripropone ad un autore argentino, che lo lascia assolutamente libero di impostare il racconto come voleva. Da questo ha origine quella minima discrepanza che notiamo nel passaggio dai primi quattro capitoli ai successivi, dove si legge un maggiore legame con la sua patria.

In un luogo al di fuori del tempo e dello spazio, l’unica cosa che mantiene vivi gli spiriti degli uomini è la lotta. E quando ci si rende conto che si può superare la lotta abbracciando la pace, l’umanità viene investita dalla piaga della ‘peste sottile’, una noia mortale che uccide in poco tempo tutti quelli che contagia. I luminari dell’epoca decidono che l’unico modo per combattere la peste è il Sir-ko Roman-ho, in cui uomini e animali si affrontano per il divertimento degli spettatori. Così, viene ingaggiato Nato, un mercenario, che da quel momento sarà chiamato Il collezionista di sogni, incaricato di andare alla ricerca di Mister Hyde, del Lupo mannaro, del Minotauro, e di altri personaggi mitologici da far combattere nel Sir-ko. Comincia così il suo lungo viaggio attraverso i luoghi più disparati della realtà, dall’isola di Creta alla Londra vittoriana, passando per luoghi del tutto al di fuori del tempo e dello spazio, fino all’approdo su un’isola di ristoro che non rappresenta un epilogo ma solo l’inizio di un nuovo viaggio.

Scritta e disegnata in maniera magistrale, quest’opera è a pieno titolo considerata la più personale tra quelle di Enrique Breccia, in quanto l’averla prodotta e pubblicata nel suo paese natale gli ha dato modo di metterci dentro non solo la sua personalissima visione del mondo e della vita, ma soprattutto della storia moderna e contemporanea che ha visto come protagonista il suo paese, l’Argentina. Soprattutto nella parte centrale del racconto, infatti, leggiamo una profonda critica al golpe militare che ha portato al regime che per molti anni ha retto le sorti del paese, e soprattutto alla distruttiva influenza che i vicini Stati Uniti hanno esercitato con la loro politica neo-imperialista, dove la musica rock ha ucciso le melodie delle canzoni popolari argentine e dove pochi privilegiati hanno svenduto le risorse del paese per il loro tornaconto, senza curarsi delle tradizioni e della cultura del loro stesso popolo. Con un profondo senso di rammarico, leggiamo un Breccia turbato anche dalla incapacità politica di quanti, nelle intenzioni o nelle parole, avrebbero dovuto opporsi a questi eventi, e che di fatto non ne sono stati capaci.

Un viaggio onirico verso mondi fantastici e tempi remoti che scopriamo essere profondamente legati alla nostra realtà quotidiana. Un capolavoro del maestro argentino del chiaroscuro e della china, ma anche della parola.

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