martedì 24 agosto 2010

Almost blue

Romanzo particolare e molto variegato dal punto di vista narrativo quello intessuto da Carlo Lucarelli, che probabilmente è più noto per le sue performance come conduttore e autore televisivo che non come scrittore. In realtà queste due strade hanno sempre corso in parallelo, e sono state mantenute unite da un comune denominatore, rappresentato dai misteri. Infatti, la fortunata trasmissione “Blu notte” ha come sottotitolo “Misteri italiani”, e nella sua produzione letteraria Lucarelli si è sempre dedicato al giallo. Inoltre il suo particolare modo di narrare, che lo ha reso famoso in televisione, ho scoperto essere presente anche nella parola scritta. Una narrazione fatta di frasi brevi e scattanti, di incidentali, di ripetizioni, di punteggiatura sincopata che sembra scandire il racconto come le battute scandiscono la melodia di un’orchestra. Espediente molto particolare, e che personalmente ho trovato molto interessante, e quello del cambio del narratore. Non uno solo, infatti, ma ben tre sono i punti di vista di questo romanzo, che di fatto seguono il ruolo della vicenda dei tre protagonisti principali.

Anche se nessuno vuole ammetterlo, a Bologna è in azione un assassino seriale, che uccide gli studenti universitari con un rituale macabro e inquietante. Ma quello che lo rende particolare è la capacità di assumere di volta in volta l’identità delle sue vittime, sicché ognuna di esse di fatto è uccisa dalla precedente. Non lo fa per cattiveria o per esaltazione della violenza, semplicemente è l’unico modo che ha per far tacere le campane dell’inferno che gli rimbombano nelle orecchie e lo fanno impazzire, a stento tenute a bada dal rock metallico che ascolta a tutto volume con le cuffie. L’ingrato compito di capire chi è, dov’è e come prenderlo è affidato a Grazia, ispettore di polizia ma soprattutto donna in un club per soli uomini. Per lei sarebbe quasi impossibile riuscire a catturare l’assassino, se non potesse contare sull’aiuto di Simone. Un ragazzo schivo, isolato, senza amici, con una madre ossessiva, che vive rinchiuso in una mansarda da dove ascolta i suoni del mondo attraverso degli scanner audio. Piccolo particolare: Simone è cieco. Vede solo col naso e con le orecchie, non gli piace usare il tatto, preferisce i suoi e gli odori, con i quali interpreta il mondo a modo suo. Per lui i colori sono consonanti e vocali, ma anche sensazioni, atteggiamenti, emozioni. Così, la voce dell’assassino che cambia pelle come un rettile e che Simone ha captato con lo scanner è una voce brutta, pesante, verde, mentre quella di Grazia è delicata, dolce, blu.

Alternando un mondo fatto di odori e suoni ad uno fatto di pensieri deliranti e corpi che si trasformano, dove a fare da intermezzo tra questi ci sono le paure e le insicurezze di una donna immersa nei pregiudizi di una società sessista, Lucarelli tesse una trama avvincente e ci dà la possibilità di incarnarci di volta in volta nei tre protagonisti, con le loro emozioni e i loro pensieri, al punto che, leggendo questo romanzo, possiamo scegliere se essere un assassino, una donna poliziotto o un ragazzo cieco.

Io di amici non ne ho. Per colpa mia. Perché non li capisco. Parlano di cose che non mi riguardano. Dicono lucido, opaco, luminosi, invisibile. Come in quella favola che mi raccontavano da bambino per farmi dormire, in cui c’era una principessa così bella e con la pelle così fine che sembrava trasparente. Ci ho messo tanto, tante notti a pensare, prima di capire che trasparente voleva dire che ci si poteva guardare dentro. Per me significava che le dita ci passavano attraverso.

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